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L'ANTICA E CURIOSA STORIA DELLO “CHALLAH”, IL MILLENARIO PANE EBRAICO: COSÌ CHIAMATO, IN ORIGINE, IN QUANTO UNA “PORZIONE DI PANE” ERA DESTINATA AI SACERDOTI.


Oristano 20 maggio 2024

Cari amici,

Lo “CHALLAH”, l’antico pane ebraico utilizzato ancora oggi dagli ebrei, è così chiamato perché in origine questa parola indicava la porzione di pane da offrire ai sacerdoti, i Kohanim, impegnati a tempo pieno nel tempio, per garantire loro il sostentamento. i Kohanim, infatti, che si occupavano esclusivamente delle vicende religiose, non avrebbero avuto di certo il tempo per panificare. Lo Challah, dunque, è un pane con alta valenza religiosa, offerto ai sacerdoti dagli Ebrei per ringraziare il Signore.

Lo “CHALLAH” era un alimento abbastanza comune in quei tempi, tanto che costituiva la base dell’alimentazione prevalente del popolo ebraico. I panificatori israeliti dell’epoca, dovevano obbligatoriamente offrire parte della panificazione ai sacerdoti del Tempio, e questa parte era quantificata in un ventiquattresimo dell’intera panificazione. Nel Libro dei Numeri (è il quarto libro della Torah ebraica e della Bibbia cristiana) al punto 15: 18-20 si legge che Challah era la porzione di pane da offrire ai sacerdoti, i Kohanim, per il loro sostentamento, “in modo che i sacerdoti, che sono sempre occupati con il servizio divino, vivessero senza alcuno sforzo”.

Amici, come sappiamo, il sabato, per gli Ebrei lo Shabbat, è il giorno del riposo, nel quale si celebra il Kiddush, il rito di ringraziamento a Dio per l'opera della creazione e della salvezza del popolo ebraico. Durante il Kiddush si benedicono il vino e la Challah, la treccia di pasta dolce (tipo pane-brioche), che viene consumata in questo rito religioso unitamente alla recita delle preghiere. Ebbene, l’utilizzo dello Challah biblico continua tradizionalmente anche oggi, consumato in particolare nello Shabbat, in ringraziamento al Signore.

Gli Ebrei, amici, non hanno mai rinunciato a praticare le loro antiche usanze, e, ancora oggi, a distanza di migliaia di anni, la religiosità del cibo e del suo consumo resiste, avendo mantenuto quel profondo legame con la spiritualità praticata nel periodo biblico; una cultura religiosa che, a loro avviso, è la via migliore per affrontare le avversità della vita. Per il popolo ebraico tra
 “Cibo e Religione” esisteva ed esiste ancora oggi un forte connubio; non deve quindi meravigliarci, stupirci, il suo profondo legame con la sfera del sacro.

Uno di questi cibi da consumare religiosamente è indubbiamente lo Challah, che rappresenta per gli Ebrei, oggi come ieri, la celebre “MANNA”, fatta piovere dal Signore nel deserto per nutrire il popolo ebraico che fuggiva dall’Egitto. In origine questo alimento era preparato secondo i severi dettami della religione ebraica: ovvero seguendo con precisione e attenzione tutte le fasi, in modo da realizzare un alimento “KASHER”, ovvero adatto ad essere consumato dai fedeli osservanti. Gli ingredienti base impiegati per realizzare lo Challah-Kasher erano: la farina, le uova, l’acqua, il sale, il lievito e lo zucchero. Una volta effettuato l’impasto, realizzato ad intreccio e spennellato con l’uovo sbattuto, questo veniva sistemato nel forno, dove doveva cuocere fino a quando assumeva un invitante colore dorato. Questo era lo Challah-Kasher, preparato con l’autentica ricetta originale. Ovviamente, come spesso succede, pure per questa ricetta col passare del tempo furono effettuate delle varianti.

A contribuire fortemente alla nascita delle varianti fu senz’altro il fenomeno della “DIASPORA”,  che portò gli Ebrei a trasferirsi in tante parti del mondo. Ci sono varianti che hanno incluso il miele, l’uvetta e lo zafferano, semi di sesamo e anice, così come possiamo trovare varianti senza l’uovo, ricetta quest’ultima adatta ai vegani. Per gli Ebrei sefarditi (quelli provenienti dalla penisola iberica), per esempio, nella preparazione ci vuole pochissimo zucchero, altrimenti si crea un dolce, che non è adatto a commemorare il ricordo.

Amici, oltre alla precisa, rituale preparazione dello Challah-Kasher, per gli Ebrei è importante anche il rituale del suo consumo. Il rito prevede che lo Challah sia portato in tavola coperto con un apposito panno ricamato (questo telo ricamato con cui viene coperto il pane rappresenterebbe gli strati di rugiada che proteggevano la manna nel deserto); una volta a tavola viene effettuata la benedizione (il Kiddush). Poi, seguendo le prescrizioni della Torah (il testo sacro degli Ebrei), prima del consumo è necessario che il pane venga intinto o cosparso di sale. Il rituale classico prevede che sia il Capo Famiglia a spezzettare (con le mani) la Challah, distribuendola ai commensali.

Cari amici, la storia di questo pane non fa altro che affermare l’indissolubile legame tra cibo e religione. Lo vediamo nella cultura religiosa ebraica, e lo vediamo chiaramente nella cultura cristiana, con l’utilizzo del pane e del vino. Il pane è per l’uomo l’alimento indispensabile per il corpo nella vita terrena, la religione l’alimento necessario per il nutrimento dell’anima.

A domani.

Mario

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