Oristano 26 Aprile 2010
Chi oggi si reca a Bonarcado lo fa, prevalentemente, per rendere omaggio a N.S. di Bonacatu, venerata nello splendido Santuario che si erge maestoso al centro dell'abitato.
Non molti sardi sanno che in passato Bonarcado è stato al centro delle vicende del Giudicato d'Arborea, con un'importanza politica e sociale di rilievo.
Il Santuario, fondato ai primi del Millecento dai monaci camaldolesi, è oggi una delle più belle terstimonianze in Sardegna di quel periodo storico, molto amato dai sardi che a migliaia si recano a porgere omaggio alla Madonna nella ricorrenza della Sua festa, a Settembre.
La Luogotenenza per l'Italia - Sardegna dell' Ordine Equestre del Santo Sepolcro di Gerusalemme, Ordine a cui appartengo quale cavaliere, Delegato per la Provincia di Oristano, ha effettuato un Pellegrinaggio al Santuario il 18 Aprile scorso.
Provenienti da tutta l'Isola hanno raggiunto Bonarcado ed il Santuario di Bonacatu decine e decine di Cavalieri e Dame, accomunati dalla fede e dal desiderio di rendere omaggio alla loro Patrona, la Madonna, Maria Regina della Palestina, qui celebrata come Madonna di Bonacatu.
E' stato un grande momento di aqggregazione, di amicizia, e di fede.
Per gli amici che leggono il mio blog ecco alcune splendide immagini della giornata e una sintesi della storia di questi luoghi, abitati dall'uomo fin dalle sue origini.
Grazie dell'attenzione.
LA STORIA DEL SANTUARIO DI N.S. DI BONACATU.
A Bonarcado, un bel borgo rurale disposto nella piana del Milis, oggi possiamo ancora ammirare uno dei più interessanti complessi religiosi della Sardegna formato, oltre che dalla duecentesca Chiesa di Santa Maria, dai ruderi di un antico monastero camaldolese, e dal famoso ed antichissimo Monastero di Bonacatu, dedicato alla Vergine.
Il nome Bonacatu ha origine antiche, come vedremo, affondando nel passato tra realtà e leggenda. Luoghi, questi, che l’uomo abitò fin dalle origini.
La piccola chiesetta originaria, attorno alla quale si costituì il primo nucleo del villaggio e della comunità bonarcadese, presenta chiari segni di un’antichità più remota, ravvisabili dai resti, dalle tecniche e dai materiali costruttivi, emersi durante i recenti lavori di recupero. Il ritrovamento di una vasca rivestita con motivi geometrici, ha fatto supporre la presenza in questi luoghi, di un'antica stazione di posta romana edificata, verosimilmente, su un precedente luogo di culto nuragico. Una tale supposizione è certamente avvalorata dalle numerose testimonianze, che, unanimemente, portano, ad una precedente antropizzazione preistorica che ci ha tramandato pregevoli e monumentali megaliti, nuraghi, domus de janas e tombe di giganti e che si presentano secondo una straordinaria varietà di impianto. La basilica romanica che oggi possiamo ammirare porta ancora, sulla sinistra, i resti visibili del monastero camaldolese, ordine monastico al quale si deve la fondazione della chiesa, nel 1147, e che tanta parte ha avuto nella storia di Bonarcado.
La ricostruzione delle vicende dei Camaldolesi, quell'imponente Ente monastico, fiorente fin dalla metà del XII secolo, è possibile grazie ad una fonte importantissima, quale è il " Condaghe di Santa Maria di Bonarcado" , ossia un registro pergamenaceo nel quale venivano trascritti gli atti di donazione e la relativa amministrazione da parte del monastero.
A Bonarcado, un bel borgo rurale disposto nella piana del Milis, oggi possiamo ancora ammirare uno dei più interessanti complessi religiosi della Sardegna formato, oltre che dalla duecentesca Chiesa di Santa Maria, dai ruderi di un antico monastero camaldolese, e dal famoso ed antichissimo Monastero di Bonacatu, dedicato alla Vergine.
Il nome Bonacatu ha origine antiche, come vedremo, affondando nel passato tra realtà e leggenda. Luoghi, questi, che l’uomo abitò fin dalle origini.
La piccola chiesetta originaria, attorno alla quale si costituì il primo nucleo del villaggio e della comunità bonarcadese, presenta chiari segni di un’antichità più remota, ravvisabili dai resti, dalle tecniche e dai materiali costruttivi, emersi durante i recenti lavori di recupero. Il ritrovamento di una vasca rivestita con motivi geometrici, ha fatto supporre la presenza in questi luoghi, di un'antica stazione di posta romana edificata, verosimilmente, su un precedente luogo di culto nuragico. Una tale supposizione è certamente avvalorata dalle numerose testimonianze, che, unanimemente, portano, ad una precedente antropizzazione preistorica che ci ha tramandato pregevoli e monumentali megaliti, nuraghi, domus de janas e tombe di giganti e che si presentano secondo una straordinaria varietà di impianto. La basilica romanica che oggi possiamo ammirare porta ancora, sulla sinistra, i resti visibili del monastero camaldolese, ordine monastico al quale si deve la fondazione della chiesa, nel 1147, e che tanta parte ha avuto nella storia di Bonarcado.
La ricostruzione delle vicende dei Camaldolesi, quell'imponente Ente monastico, fiorente fin dalla metà del XII secolo, è possibile grazie ad una fonte importantissima, quale è il " Condaghe di Santa Maria di Bonarcado" , ossia un registro pergamenaceo nel quale venivano trascritti gli atti di donazione e la relativa amministrazione da parte del monastero.
Fondatore dell'abbazia fu, intorno al 1110, il Giudice Costantino di Lacon, sovrano dell'Arborea. Essa fu consacrata solennemente nel 1147 in occasione di un importante avvenimento storico: la Pace, detta di Bonarcado, tra i quattro Regoli sardi, celebrata sotto gli auspici del Metropolita di Pisa, alla presenza dei Giudici Sardi e di numerosi alti Prelati.
Con il Passare del tempo, il prestigio del Monastero crebbe così come il suo consistente patrimonio, a cui nel 1230, si aggiunsero il salto di Kerketu, nonché sette anni più tardi, la libertà di pesca con due barche nello stagno di Mare Pontis, con esenzione di ogni dazio verso il Fisco Regio.
Il 1237 fu ancora una volta una data importantissima nella storia di Bonarcado e dell'intera Arborea. Il papa Gregorio IX, per ristabilire pace e ordine, inviava sull' Isola il Legato Pontificio Alessandro, per assegnare, in nome dell' indiscutibile potere della sua sovranità politica e spirituale, il regno di Arborea. Durante una solenne cerimonia, celebrata nella Basilica bonarcadese, il primo maggio del 1237, il Legato Pontificio, conferiva a Pietro II, l'investitura del giudicato di Arborea, suggellata dalla consegna del Vessillo Papale e da un giuramento di fedeltà. Tra i fasti dell'Abbazia bonarcadese si annovera la visita pastorale che, nel 1263 fece Federico Visconti, primate di Sardegna e Legato Pontificio, con l'intento di riaffermare, mediante l'accordo del clero e delle autorità civili, la supremazia di Pisa sull'isola.
Durante il Quattrocento l'unico avvenimento di rilievo in cui compaia il nome di Bonarcado è relativo alla presenza del Priore Elia de Palmas poi Arcivescovo di Oristano, alla stipula del trattato che, dopo la morte di Eleonora, ridusse nel 1410 il Giudicato a marchesato.
Il 1237 fu ancora una volta una data importantissima nella storia di Bonarcado e dell'intera Arborea. Il papa Gregorio IX, per ristabilire pace e ordine, inviava sull' Isola il Legato Pontificio Alessandro, per assegnare, in nome dell' indiscutibile potere della sua sovranità politica e spirituale, il regno di Arborea. Durante una solenne cerimonia, celebrata nella Basilica bonarcadese, il primo maggio del 1237, il Legato Pontificio, conferiva a Pietro II, l'investitura del giudicato di Arborea, suggellata dalla consegna del Vessillo Papale e da un giuramento di fedeltà. Tra i fasti dell'Abbazia bonarcadese si annovera la visita pastorale che, nel 1263 fece Federico Visconti, primate di Sardegna e Legato Pontificio, con l'intento di riaffermare, mediante l'accordo del clero e delle autorità civili, la supremazia di Pisa sull'isola.
Durante il Quattrocento l'unico avvenimento di rilievo in cui compaia il nome di Bonarcado è relativo alla presenza del Priore Elia de Palmas poi Arcivescovo di Oristano, alla stipula del trattato che, dopo la morte di Eleonora, ridusse nel 1410 il Giudicato a marchesato.
L'ultimo priore camaldolese di cui si abbia notizia è un certo Francesco che fu priore di Bonarcado nel 1445, successivamente, nella prima metà del XV sec. verosimilmente per mancanza di rifornimenti dalla casa madre, i frati Camaldolesi abbandonarono il paese e l'Abbazia.
Architettura
IL SANTUARIO DI NOSTRA SIGNORA DI BONACATU
Il Santuario di Santa Maria di Bonacatu prese nome, quindi, dalla parola “Bonacatu”, che significa in praticamente “ ritrovamento”.
Architettura
IL SANTUARIO DI NOSTRA SIGNORA DI BONACATU
Il Santuario di Santa Maria di Bonacatu prese nome, quindi, dalla parola “Bonacatu”, che significa in praticamente “ ritrovamento”.
Si racconta infatti che un cacciatore abbia trovato nel bosco, presso un piccolo torrente, una effige rappresentante la Madonna. Da questa vicenda il nome di Bonacatu o “Buon ritrovamento”.
Delle sorti di questa immagine oggi non si sa nulla ma il culto della Vergine si è perpetuato nei secoli successivi con l’omaggio, alla Vergine ed alla Sua Chiesa, di una bellissima terracotta policroma che rappresenta la Madonna con il bambino. Questa elegante terracotta che noi oggi possiamo ammirare è di autore incerto: da alcuni viene attribuita a scultore fiorentino della scuola di Donatello e da altri, invece, a scultore della scuola dei Della Robbia, date le caratteristiche stilistiche utilizzate nella raffigurazione della Vergine con il Bambino.
Questo luogo di preghiera e di raccoglimento, in territorio di Bonarcado, rappresenta quindi in Sardegna uno dei più antichi e rinomati luoghi di culto dell’intera Isola. Il luogo, come prima detto, ben prima del successivo ed imponente impianto basilicale, che per tale ragione, viene definito nei documenti del “ Condaghe di Santa Maria “ come “Clesia Nuova”, è stato luogo di culto, “ luogo sacro ”, fin dalle epoche più remote: dal periodo nuragico a quello romano ed al successivo periodo medioevale, fino ad arrivare ai giorni nostri.
L’ edificio religioso, come possiamo vedere, si presenta in pianta cruciforme con bracci voltati a botte, al cui incrocio, entro un tiburio quadrangolare, si eleva una cupola di età e fattura medio - bizantina, periodo al quale si ricollega la quasi totalità dell’impianto del Santuario.La facciata del braccio occidentale, di chiara impronta romanica, è frutto di un successivo intervento che, per l’evidenza degli elementi costruttivi e decorativi, si fa risalire al 1242, ossia al momento in cui si metteva mano ai lavori di ampliamento dell’abbazia camaldolese.Il fronte romanico della facciata del Santuario è in scuri conci basaltici intercalati dal rosso cupo del tufo con larghe paraste d’ angolo coronate da un armonico gioco di piccoli archi arabeggianti, sormontati da inserti ceramici sorretti da pregevoli e decorati peducci.
All’interno della Chiesa è conservata la preziosa icona in terracotta policroma, prima menzionata, della Madonna di Bonacatu.
La fabbrica, frutto di diversi interventi costruttivi, è, come già detto, in stile romanico nella facciata del braccio occidentale, dove i conci di scuro basalto intercalati di conci tufacei rossastri, sono utilizzati, in particolar modo, quale coronamento del portale principale, nella facciata tripartita con alte arcate cieche, che guarda ad ovest, realizzata secondo i modi consueti al tipico romanico toscano.
L’assetto attuale dell’edificio si deve ad un successivo ampliamento: due iscrizioni, una delle quali visibile sul lato sinistro della navata centrale, ci consentono di datarlo con precisione. All’impianto originario del 1147, a navata unica, si innestò, nel 1242, un nuovo corpo trinavato, a cui si sommarono, nel corso dei tempi, altri innumerevoli rimaneggiamenti.
I diversi interventi sulla fabbrica mal si celano ad un occhio attento: numerosi particolari costruttivi raccontano delle correnti architettoniche dominanti nei momenti in cui si è intervenuti.Ai tipici temi dell’architettura religiosa isolana, di chiara marca toscana, ravvisabili sulla facciata, sul fianco destro fino al primo ordine del campanile, si giustappongono motivi stilistici di segno islamico verosimilmente importati da maestranze iberiche.Al primo ordine della torre campanaria, dai paramenti lisci e con monofora di taglio rettangolare, si accosta un secondo ordine con lunghe paraste d’angolo e luci campanarie ogivali, mentre un gioco di archi lobati e di lesene a soffietto intervengono a decorare il prolungamento del fianco a doppia testata e l’abside.
All’interno l’edificio si presenta tripartito, in navate divise da arcate impostate su pilastri,ed illuminato dalla soffusa luce proveniente dalle monofore a doppio strombo situate sull’abside e sul frontone.
Sul lato sinistro della basilica romanica sono ancora visibili i resti del monastero camaldolese, ordine monastico al quale si deve la fondazione della chiesa nel 1147 e che tanta parte hanno avuto nella storia di Bonarcado.
Delle sorti di questa immagine oggi non si sa nulla ma il culto della Vergine si è perpetuato nei secoli successivi con l’omaggio, alla Vergine ed alla Sua Chiesa, di una bellissima terracotta policroma che rappresenta la Madonna con il bambino. Questa elegante terracotta che noi oggi possiamo ammirare è di autore incerto: da alcuni viene attribuita a scultore fiorentino della scuola di Donatello e da altri, invece, a scultore della scuola dei Della Robbia, date le caratteristiche stilistiche utilizzate nella raffigurazione della Vergine con il Bambino.
Questo luogo di preghiera e di raccoglimento, in territorio di Bonarcado, rappresenta quindi in Sardegna uno dei più antichi e rinomati luoghi di culto dell’intera Isola. Il luogo, come prima detto, ben prima del successivo ed imponente impianto basilicale, che per tale ragione, viene definito nei documenti del “ Condaghe di Santa Maria “ come “Clesia Nuova”, è stato luogo di culto, “ luogo sacro ”, fin dalle epoche più remote: dal periodo nuragico a quello romano ed al successivo periodo medioevale, fino ad arrivare ai giorni nostri.
L’ edificio religioso, come possiamo vedere, si presenta in pianta cruciforme con bracci voltati a botte, al cui incrocio, entro un tiburio quadrangolare, si eleva una cupola di età e fattura medio - bizantina, periodo al quale si ricollega la quasi totalità dell’impianto del Santuario.La facciata del braccio occidentale, di chiara impronta romanica, è frutto di un successivo intervento che, per l’evidenza degli elementi costruttivi e decorativi, si fa risalire al 1242, ossia al momento in cui si metteva mano ai lavori di ampliamento dell’abbazia camaldolese.Il fronte romanico della facciata del Santuario è in scuri conci basaltici intercalati dal rosso cupo del tufo con larghe paraste d’ angolo coronate da un armonico gioco di piccoli archi arabeggianti, sormontati da inserti ceramici sorretti da pregevoli e decorati peducci.
All’interno della Chiesa è conservata la preziosa icona in terracotta policroma, prima menzionata, della Madonna di Bonacatu.
La fabbrica, frutto di diversi interventi costruttivi, è, come già detto, in stile romanico nella facciata del braccio occidentale, dove i conci di scuro basalto intercalati di conci tufacei rossastri, sono utilizzati, in particolar modo, quale coronamento del portale principale, nella facciata tripartita con alte arcate cieche, che guarda ad ovest, realizzata secondo i modi consueti al tipico romanico toscano.
L’assetto attuale dell’edificio si deve ad un successivo ampliamento: due iscrizioni, una delle quali visibile sul lato sinistro della navata centrale, ci consentono di datarlo con precisione. All’impianto originario del 1147, a navata unica, si innestò, nel 1242, un nuovo corpo trinavato, a cui si sommarono, nel corso dei tempi, altri innumerevoli rimaneggiamenti.
I diversi interventi sulla fabbrica mal si celano ad un occhio attento: numerosi particolari costruttivi raccontano delle correnti architettoniche dominanti nei momenti in cui si è intervenuti.Ai tipici temi dell’architettura religiosa isolana, di chiara marca toscana, ravvisabili sulla facciata, sul fianco destro fino al primo ordine del campanile, si giustappongono motivi stilistici di segno islamico verosimilmente importati da maestranze iberiche.Al primo ordine della torre campanaria, dai paramenti lisci e con monofora di taglio rettangolare, si accosta un secondo ordine con lunghe paraste d’angolo e luci campanarie ogivali, mentre un gioco di archi lobati e di lesene a soffietto intervengono a decorare il prolungamento del fianco a doppia testata e l’abside.
All’interno l’edificio si presenta tripartito, in navate divise da arcate impostate su pilastri,ed illuminato dalla soffusa luce proveniente dalle monofore a doppio strombo situate sull’abside e sul frontone.
Sul lato sinistro della basilica romanica sono ancora visibili i resti del monastero camaldolese, ordine monastico al quale si deve la fondazione della chiesa nel 1147 e che tanta parte hanno avuto nella storia di Bonarcado.
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Bibliografia.
Bibliografia.
D. Scano, Storia dell'arte in Sardegna dal XI al XIV secolo, Cagliari, Sassari, Montorsi, 1907, pp. 137;
R. Delogu, L'architettura del Medioevo in Sardegna, Roma, La Libreria dello Stato, 1953, pp. 26-28;
R. Serra, La Sardegna, collana "Italia romanica", Milano, Jaca Book, 1989, pp. 158-159;
M.L. Bozzo, "Il restauro del complesso di Bonacatu", in Bonarcado, fasc. I, settembre 1992, p. 2; R. Coroneo, Architettura romanica dalla metà del Mille al primo '300, collana "Storia dell'arte in Sardegna", Nuoro, Ilisso, 1993, sch. 22;
D. Salvi, "(OR) Bonarcado, santuario di S. Maria di Bonacattu. 1995" in Archeologia Medievale, XXII, 1995, pp. 395-396;
R. Coroneo-M. Coppola, Chiese cruciformi bizantine della Sardegna, Cagliari, 1999, pp. 41-43;
R. Coroneo-R. Serra, Sardegna preromanica e romanica, collana "Patrimonio artistico italiano", Milano, Jaca Book, 2004, pp. 139-147;
R. Coroneo, Chiese romaniche della Sardegna. Itinerari turistico-culturali, Cagliari, AV, 2005, pp. 70-71.
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