sabato, maggio 18, 2024

ANTICHI RETAGGI CULTURALI CHE STENTANO A CADERE. IN GIAPPONE ANCORA OGGI LE DONNE NON POSSONO SALIRE AL TRONO. DOMANI, FORSE, QUESTO DIVIETO CADRÀ?


Oristano 18 maggio 2024

Cari amici,

In Giappone è ancora vigente la monarchia, anche se l’alternarsi al trono imperiale, ovvero la linea di successione al trono, resta ancora governata dall’antica legge salica, che vieta alle donne di diventare imperatrici. Questa legge, che nessuno si è sentito finora di modificare, mette in forte crisi la famiglia imperiale giapponese oggi al comando, in quanto l’attuale imperatore ha un’unica figlia femmina, che, stante l’attuale normativa, non diventerà mai imperatrice. L’assenza di un figlio maschio, pertanto, pone un serio problema di continuazione della dinastia.

Trono del Crisantemo

Si, amici, il perdurare del mantenimento di questa antica regola “sessista”, che prevede a tutti i costi che solo gli uomini siano deputati a governare, sta mettendo in croce la famiglia imperiale giapponese, che soffre, purtroppo, di una “crisi demografica” senza precedenti. La legge di successione della Casa Imperiale, prima menzionata, impedisce infatti alle donne di ereditare il "Trono del Crisantemo). E non è tutto: questa legge obbliga addirittura le principesse che dovessero decidere di sposare un “borghese”, a rinunciare ai propri diritti dinastici, ovvero perdere  il precedente rango. Nessuna commistione, dunque, con la plebe!

L’attuale imperatore Naruhito e la moglie, l'imperatrice Masako, come detto, hanno un’unica figlia, la principessa Aiko, che, ben sapendo che non diventerà imperatrice, ha deciso di mettere in atto la propria rivoluzione personale: per quanto assolutamente inusuale per una principessa inizierà a “LAVORARE”! Questa giovane principessa, il cui nome AIKO in giapponese significa proprio "Figlia dell’amore", porta un nome davvero appropriato, dato che i genitori l’hanno attesa, davvero, con tanto amore. La principessa Aiko oggi ha 22 anni, si è appena laureata (lo scorso 20 marzo 2024) in Letteratura giapponese, all'Università Gakushuin, discutendo una tesi sulla principessa Shokushi, una poetessa del XII secolo. Contrariamente al passato, Aiko mostra di possedere una mentalità moderna, che non appare assolutamente disposta, come le sue nonne e bisnonne, a restare inoperosa nella splendida abitazione imperiale. Aiko ha già deciso: intende lavorare, seppure la decisione presa appaia ai più assolutamente inusuale per una principessa!

Ecco cosa ha scelto di fare la giovane principessa.  La sua scelta è stata quella di operare nella Croce Rossa giapponese, Ente di cui le principesse del regno del crisantemo sono spesso state ambasciatrici, occupandosi, nello specifico, della formazione dei volontari dell’associazione. "Ho fatto il mio primo passo nel mondo del lavoro. Voglio fare uno sforzo per abituarmi velocemente al posto di lavoro ed essere al servizio di tutti", ha detto la principessa Aiko ai giornalisti che la aspettavano a Minato, il quartiere di Tokyo che ospita la sede della Croce Rossa.

L’innovativa decisione di Aiko, di rompere il tabù dell’antica tradizione, è apparsa quasi temeraria (in particolare ai genitori, l'imperatore e la principessa consorte), ma quasi certamente questo potrebbe essere l’inizio di una rivoluzione, capace anche di portare a quella decisione così difficile da prendere: aprire il trono del Giappone anche al ramo femminile, ovvero, far diventare le principesse, in caso di successione, IMPERATRICI. I sondaggi  hanno già rivelato che il popolo sarebbe favorevole all’ascesa al trono delle donne anche in Giappone.

Nel frattempo, se tutto resta uguale e non si provvedesse a cancellare la legge salica, il futuro imperatore del Giappone sarà il cugino Hisahito, di 17 anni. Anche Hisahito è figlio unico e, se non avrà figli maschi, la dinastia imperiale del regno del crisantemo rischia l’estinzione, a meno che il Governo non si decisa per un’apertura alle donne. Per ora, la linea conservatrice vince; il Governo ha chiamato in causa consiglieri ed esperti per decidere in merito a questa spinosa questione, ma nessuna decisione è stata presa.

Cari amici, da tempo in Giappone le spinte progressiste cercano di superare la tradizione, ma nella filosofia orientale il supero della tradizione appare alquanto arduo, per quanto anche da tanti giapponesi certe tradizioni siano ritenute anacronistiche. Grazie alla principessa Aiko, però, forse è arrivato il tempo del cambiamento!

A domani.

Mario

venerdì, maggio 17, 2024

QUANDO UN LAMPO D'INGEGNO TI SALVA LA VITA. ECCO UN ESEMPIO INTERESSANTE CHE LO DIMOSTRA!



Oristano 17 maggio 2024

Cari amici,

Quante volte nella vita ci siamo trovati in situazioni difficili, tanto da pensare che ormai era finita e che nulla avrebbe potuto salvarci? Può essere stato per la diagnosi di una malattia, oppure per l’impossibilità di far fronte ad un debito contratto, oppure per mille altre motivazioni, ma, spesso, alla fine, una soluzione inaspettata ha risolto il problema, magari con un colpo d’ingegno o di fortuna. Ebbene, amici, oggi voglio raccontare anche a Voi la storia di un naufragio, avvenuto nella Micronesia, che mi ha incuriosito molto, sperando che possa essere di esempio anche a Voi. Ecco la curiosa storia.

La Micronesia è una delle macroregioni in cui tradizionalmente viene divisa l'Oceania. Si trova a est delle Filippine, a nord-est dell'Indonesia, a nord di Papua Nuova Guinea e della Melanesia e a ovest della Polinesia. Questo gigantesco puzzle di isole (sono centinaia, alcune delle quali molto piccole), è politicamente diviso in cinque Stati indipendenti e due territori dipendenti dagli Stati Uniti d'America. In questo strano microcosmo, fatto di piccoli frammenti di terra disseminati in tanto mare, si vive praticamente di pesca, e la gran parte degli uomini si dedica proprio a questa attività.

Tre di questi pescatori, nella domenica della scorsa Pasqua, erano salpati da Polowat (un nucleo abitato dell’isola di Guam facente parte del territorio dipendente dagli USA), su una barca a vela lunga 6 metri, dotata di un motore, per andare a pesca. A circa 600 chilometri di distanza da Polowat, il motore è andato in panne e i tre disperati naufraghi riuscirono a ripararsi sul vicino isolotto deserto di Pikelot. Privati anche della radio di bordo, caduta in acqua, entrarono in grande panico, disperando di poter trovare una soluzione per salvarsi, ovvero di essere individuati e successivamente recuperati e salvati.

Fortunatamente ,l’isola di Pikelot è ricca di vegetazione, tra cui le palme da cocco e anche di una fonte di acqua potabile, per cui riuscirono provvisoriamente a rimediare qualcosa per la loro sopravvivenza. Pensa e ripensa, i giorni passavano e le speranze di essere ritrovati svanivano giorno dopo giorno. Nel frattempo, le famiglie che non li avevano visti rientrare, alquanto preoccupate, allertarono le autorità di Guam, dicendo loro che i tre non avevano fatto ritorno dall’uscita per la pesca. Iniziarono così le ricerche da parte delle autorità.

Le ricerche si presentavano difficili, in quanto l’area da controllare era vastissima: più di 78 mila miglia nautiche quadrate, per cui individuarli non era proprio facile! Alla fine, grazie all’ingegnosa trovata dei tre naufraghi la loro salvezza arrivò inaspettata. Cosa era effettivamente avvenuto nell’atollo di Pikelot? I tre pescatori, pensa e ripensa, ebbero un’idea luminosa: disporre sulla bianca spiaggia dei rami e delle foglie di palma, componendo un gigantesco messaggio, ovvero la scritta “ HELP”, così grande da essere ben visibile dai mezzi aerei che sorvolavano il mare alla loro ricerca!

Si, amici, un'idea davvero luminosa, quella del gigantesco messaggio fatto con i rami di palma, certamente decisivo per ka loro salvezza! Un HELP, dunque risolutivo, quello scritto a caratteri cubitali sulla spiaggia con la loro richiesta di aiuto. Pochi giorno dopo il posizionamento della scritta, infatti, un velivolo della Guardia Costiera americana li ha individuati e salvati. «Vedere il messaggio è stato fondamentale per dirigere sull'isolotto le nostre ricerche - ha detto l’ufficiale che ha condotto le operazioni - è la seconda volta in quattro anni che avviene un salvataggio sull’isolotto di Pikelot». L’equipaggio della Guardia Costiera, in attesa dell’invio dei soccorsi, ha lanciato ai naufraghi dei viveri ed una ricetrasmittente, necessaria per stabilire i contatti (oltre ad accertare il loro stato di salute); a seguire, poi, è avvenuto il loro recupero, condotto da un’unità navale.

Cari amici, è indubbiamente vero che la sopravvivenza è spesso frutto di una concomitanza di circostanze, come le condizioni favorevoli trovate sull'isolotto, la presenza di palme da cocco e di una fonte di acqua potabile; ma la salvezza vera, quella che ha potuto riportarli a casa sani e salvi, è avvenuta per il loro lampo di genio, che, ideando la gigantesca scritta “HELP”, realizzata con i rami e le foglie di palma sulla bianca spiaggia, ha enormemente facilitato le ricerche, riuscendo, così, a riportarli felicemente a casa! Un caso che ci fa ricordare il famoso proverbio: “AIUTATI CHE DIO TI AIUTA”.

A domani.

Mario

giovedì, maggio 16, 2024

NELL'OCCIDENTE INDUSTRIALIZZATO SI FANNO SEMPRE MENO FIGLI, TANTO CHE, SPESSO, IN ETÀ MATURA, SI ARRIVA ALLA MATERNITÀ SURROGATA.


Oristano 16 maggio 2024

Cari amici,

Nell’Occidente industrializzato, in particolare in Italia, nascono sempre meno bambini. Il numero medio di figli per donna nel nostro Paese risulta pari a 1,24, il livello più basso dal 2003. Lo conferma L’ISTAT, nel report sugli indicatori demografici. Molteplici le cause che stanno portando l’Occidente a questa triste aridità riproduttiva, che, senza concrete soluzioni, porterà ad una rivoluzione razziale non indifferente. Oggi, però, non voglio soffermarmi con Voi sulle cause che stanno creando questo serio problema, ma parlare, invece, di un dei “cattivi rimedi” che purtroppo si sta diffondendo pericolosamente: LA MATERNITÀ SURROGATA”.

Nel nostro Paese la maternità surrogata è vietata: è un delitto disciplinato dalla legge n. 40/2004 all'art. 12 c. 6 il quale, prevede la punibilità di chiunque, in qualsiasi forma, realizza, organizza o pubblicizza tale pratica. Il divieto di maternità surrogata prevede anche, espressamente, la punibilità del cittadino che realizza all'estero tale pratica, in un Paese dove questa è consentita. Ma vediamo meglio i pericoli della diffusione di questa pratica, che dovrebbe essere vietata in tutto il mondo.

A Roma, di recente, nella sede dell’Università Lumsa, si è tenuta la Conferenza internazionale per l’abolizione universale della surrogazione di maternità. L’incontro, a cui hanno partecipato decine di esperti e attivisti di tutti i continenti, ha affrontato le diverse problematiche, evidenziate da dati, testimonianze ed esperienze, che hanno messo in luce le complesse implicazioni economiche, psicologiche e legislative derivanti da questa pratica.

Al centro del dibattito la “DICHIARAZIONE DI CASABLANCA”, un documento siglato un anno fa nella città marocchina da 100 esperti di 75 nazionalità, in cui si mette nero su bianco che la Gravidanza per altri (GPA) viola la dignità umana e contribuisce alla mercificazione delle donne e dei bambini e se ne chiede la proibizione da parte dei singoli Stati, così come la non trascrizione automatica degli atti di nascita formati all’estero, fatta salva, ovviamente, la massima tutela per i bambini nati. In sostanza, però, l’obiettivo finale del gruppo di pressione è però quello di arrivare all’abolizione globale della GPA.

Dagli USA, precisamente dalla California, è venuta a Roma Jennifer Lahl, fondatrice e anima del movimento americano “Stop surrogacy now”, per ribadire che  l’utero in affitto non è innocuo, a dispetto della narrazione trendy che spesso i media ne danno. Lahl ha ribadito che è necessario portare avanti questa “missione”: abolire – non regolamentare – la surrogazione di maternità a livello internazionale. Perché le donne non sono fabbriche di bambini e i bambini non sono merce!

«Le leggi nazionali non bastano», ha affermato Jennifer Lahl. Gli Stati Uniti sono una meta appetibile per ricchi di tutto il mondo, perché il bebè può avere la doppia cittadinanza. Adesso è il turno dei cinesi. Linda, una madre surrogata, ha raccontato a Lahl che i committenti asiatici hanno preteso di eliminare i due gemelli che portava in grembo per loro, perché nel frattempo avevano divorziato. «Al rifiuto di Linda le hanno fatto causa. La storia è finita così: il maschietto è stato dato in adozione, mentre la committente ha tenuto la femmina».

Quanto sia potente il mercato della surrogazione di maternità lo esprimono i dati: secondo le statistiche illustrate da Herveline Urcun, analista dell’Osservatorio francese sulla procreazione assistita, il giro d’affari nel 2022 è stimato in 11 miliardi di dollari (nel 2016 era 3,8 miliardi) e nel 2027 ci si aspetta che arrivi a 33 miliardi. In Europa, dove la Gestazione per altri (GPA) è vietata in quasi tutti i Paesi, compresi Francia, Germania e Italia, i divieti sembrano costituire un argine debolissimo.

Ci si chiede: come fermare la deriva della contrattualizzazione della genitorialità e della mercificazione della donna e dei bambini? Il consesso di esperti riuniti a Roma ha concluso che le leggi nazionali non sono sufficienti, anche se necessarie. Serve controllare i flussi finanziari per far rispettare la legge, oltre che scoraggiare i genitori intenzionali, controllando ed eventualmente contestando gli atti di nascita formati all’estero, ovviamente con ogni possibile tutela dei bambini nati. Ma la strada più efficace è la messa al bando globale: ardua, lunga, ma necessaria.

Cari amici, la “De-Natalità” non la si supera con l’utero in affitto, ma incentivando gli aiuti dello Stato (ora scarsissimi o inesistenti) alle giovani coppie che non possono mettere in cantiere un figlio per mille ragioni legate al lavoro e ai costi. Solo garantendo alle giovani famiglie quell’assistenza sociale, lavorativa ed economica, necessaria per mettere al mondo uno o più figli, si potrà superare il problema esistente, tra l’altro destinato a peggiorare ulteriormente!

A domani.

Mario

 

mercoledì, maggio 15, 2024

L'ASSOCIAZIONE UMANITARIA “CINI”. L’ORGANIZZAZIONE NON GOVERNATIVA CHE OPERA IN INDIA PER LA SALVEZZA DELLE BAMBINE POVERE, SCHIAVE DEI MATRIMONI COMBINATI.


Oristano 15 maggio 2024

Cari amici,

L’Associazione umanitaria “CINI” (Il Child In Need Institute (CINI) è un’organizzazione non governativa fondata a Calcutta nel 1974 dal medico pediatra Samir Chaudhuri, con lo scopo di contribuire a migliorare la grave situazione sanitaria e nutrizionale di donne e bambini poveri, che cercavano di sopravvivere nelle baraccopoli e nei villaggi intorno a Calcutta e in altre parti dell’India. Questa organizzazione iniziò ad operare anche in Italia  a partire da 1992, con la costituzione di una sua sede operativa a Verona.

Che la povertà porti ad accettare situazioni intollerabili è cosa ben nota, e in India, questa povertà che si tocca con mano per strada ogni giorno, vede tanti adolescenti che cercano per strada di soddisfare il primario bisogno di SFAMARSI. In questo contesto sono in particolare le bambine ad essere facili prede, una piacevole “merce di scambio”, spesso costrette a sposare forzatamente uomini ben più grandi di loro che le “comprano” a vil prezzo dalle famiglie.

Come racconta Eliana Riggio, volontaria e Presidente del ramo italiano dell’Associazione umanitaria CINI, creata come accennato per tutelare i diritti dei bambini e delle donne più fragili, ecco per Voi, cari lettori, una storia vera, fortunatamente andata a buon fine, che racconta il salvataggio di una di queste candidate a diventare una “Sposa Bambina”, sottratta a questa terribile, antica forma di vendita. Quella raccontata è la storia di NINA (nome di fantasia in quanto non ha ancora 14 anni), una storia triste, emblematica di quello che succede ancora oggi in India per la grande povertà esistente. Eliana ha trascorso una vita intera nell’Unicef (è la moglie del pediatra Samir Chaudhuri). La benemerita associazione umanitaria CINI ha appena compiuto 50 anni e oggi ha ramificazioni anche in Gran Bretagna, Svizzera e Stati Uniti (onde evitare confusione, non è collegata alla Fondazione Cini di Venezia).

La vicenda di NINA, fortunatamente andata a buon fine, assomiglia a tante altre. Con i genitori bengalesi, dopo che uno dei tanti cicloni sempre più violenti e frequenti li ha costretti ad abbandonare il loro piccolo appezzamento di terra, la famiglia ha raggiunto Calcutta, insediandosi in una baraccopoli a ridosso dei grandi grattacieli della città. La sorte di questa bambina appare subito segnata, in quanto avendo i genitori poverissimi, anche per lei la sorte sembra riservare un matrimonio combinato: quello di una bambina minorenne che va in sposa ad un uomo adulto; l'antica usanza continua, seppure in India questo "vile mercato" sia considerato un reato. La storia, però, in questo caso finisce diversamente.

Ecco come questa vicenda viene raccontata da Eliana. “La famiglia di Nina ha tre figlie e un figlio, tutti sotto i 18 anni. Quando la famiglia si trasferisce nello slum di Calcutta, in un riparo fatto di pali di bambù e plastica, Nina viene tolta da scuola. Il papà va in giro tutto il giorno per cercare lavoro; la mamma fa la domestica presso tre famiglie nei grattacieli appoggiati allo slum, iniziando il lavoro alle 5 di mattina e rientrando a casa alle 10 di sera; il loro figlio lavora; la sorellina di 12 anni si occupa della più piccola; Nina intanto, avendo avuto già le mestruazioni, è in pericolo: può diventare oggetto delle attenzioni di vicini e passanti, diventando, come tante volte succede, una ambita preda sessuale”.

Nelle famiglie indiane povere, il matrimonio “precoce combinato” è visto, spesso, come l’unica soluzione per trovare marito alle figlie, che, da prassi, deve essere della stessa casta. Anche i genitori di Nina, dimoranti in quella Comunità poverissima, tra baracche e ripari precari, pensano per Nina un matrimonio simile. Come racconta sempre Eliana Riggio,  Nina dovrà piacere ai suoceri, perché dovrà occuparsi degli anziani, procurare un reddito, diventare una risorsa, lavorare in casa. Il marito può essere di qualsiasi età (la differenza di età più comune è di dieci anni): lei si troverà ad avere regolarmente rapporti sessuali (da considerare, come appare ovvio, una forma di violenza sessuale), e, inoltre, dovrà, possibilmente , generare un figlio maschio”.

Ebbene, l’Associazione CINI, seppure affrontando enormi difficoltà opera ogni giorno per cercare di sottrarre le bambine a questo triste destino. Ci si chiede: come interviene l’associazione? “Il nostro atteggiamento non è di ‘spegnere il fuoco già acceso’, ma cercare di prevenirlo, aiutando le famiglie a comprendere l’errore; in primis non sottraendoli all’obbligo della scuola, e poi intervenendo con le Istituzioni, con gli insegnanti, con gli Enti locali e anche con gli organi dello Stato", afferma Eliana.

Nel caso di Nina, bambina intelligente e vivace, lei è stata fatta entrare in uno dei ‘Children’s group’ di Cini; qui la bambina ha raccontato che i genitori parlavano già con altri genitori per farla sposare nei prossimi due mesi, tant’è che stavano già raccogliendo i soldi da renderla appetibile, in quanto senza dote non sarebbero riusciti a sposarla: avrebbero dovuto dare in cambio un televisore e una certa somma di denaro. Nina, ben inserita nel gruppo, è stata resa consapevole della violazione che si stava perpetrando ai suoi danni, e i responsabili di CINI hanno contattato i genitori per impedire il compiersi di un reato, minacciandoli anche di fare denuncia alla polizia. Ciò era necessario, in quanto se il matrimonio fosse stato celebrato non sarebbe stato più annullabile.

Ora Nina ha ripreso gli studi in una scuola pubblica, ritrovando il sorriso e la visione di un futuro meno incerto. “Quando avrà 18 anni deciderà lei di sposarsi e scegliere un marito, dopo aver seguito un percorso dove aveva preso coscienza di sé; avrà, inoltre, la possibilità di avere un reddito perché sarà stata istruita, potrà insegnare, come è un suo sogno, non farà cinque figli ma al massimo due, lavorerà fuori da quel circolo vizioso di povertà”. Ecco come afferma con soddisfazione e orgoglio Eliana Riggio.

Cari amici, credo che ci sia poco da aggiungere, se non quello di dire un immenso “GRAZIE” a questa Associazione umanitaria, che lotta per affermare i sacri diritti dei minori e delle donne, in particolare delle bambine!

A domani.

Mario

 

martedì, maggio 14, 2024

EDUCARE I FIGLI NEL TERZO MILLENNIO: DIFFICOLTÀ ED ERRORI DEI GENITORI. ECCO COME EVITARE DI CRESCERE "FIGLI TIRANNI".


Oristano 14 maggio 2024

Cari amici,

Che il mestiere di genitore sia uno dei più difficili al mondo non sono certo io il primo a dirlo. Allevare e crescere i figli oggi sta diventando sempre più arduo, e non ci sono certo dei manuali con le “giuste istruzioni” da seguire nelle diverse situazioni che ogni giorno si presentano e vanno affrontate. Uno dei problemi più difficili da RISOLVERE è di natura affettiva: tutti i genitori desiderano per i propri figli uno status sociale superiore al proprio, ovvero che i propri figli vivano “meglio” di come sono vissuti loro.

A questo desiderio, all’apparenza encomiabile, dovrebbe però corrispondere un’educazione altrettanto valida, ovvero educarli e prepararli ai compiti futuri, ovvero dando loro un’alta preparazione e insegnando il pieno rispetto delle regole che la vita socio economica prevede. La gran parte dei genitori, però, sbaglia approccio, in quanto tende a dare ai figli tutto il possibile, senza nulla chiedere in cambio. Questo approccio troppo morbido, troppo permissivo, crea in loro la convinzione che essi possano “avere tutto senza dare niente in cambio”. Mostrarsi così magnanimi, così permissivi, significa iper-proteggerli, avendo con i figli un rapporto amichevole, mancante di autorevolezza, concedendo quanto da loro richiesto senza nulla pretendere come contropartita.

Un comportamento, questo, che crea nei figli la convinzione di poter avere tutto senza sacrificio, senza impegnarsi; poi succede che, al primo rifiuto, essi cadranno dalle nuvole: si sentiranno incompresi, frustrati, in quanto ormai incapaci di aspettare, abituati ad avere “tutto e subito”. È così che iniziano gli scontri, i conflitti sempre più frequenti, con i figli che, di fronte ai “NO”, scalpitano e si arrabbiano. È così che la crescita avviene in un clima turbolento, con reazioni di irascibilità, di prepotenza e aggressività sistematiche. Il problema diventa, allora, quello di trovare il modo per arginare il comportamento ribelle, cosa non facile.

Il problema in realtà non è di poco conto. Applicare un comportamento comprensivo, dialogante, in grado di stabilire dei confini, evitando di usare dei divieti, dei NO troppo rigidi, non è semplice. I troppi SI non aiutano a crescere, mentre i NO vanno sapientemente gestiti, in quanto aiutano a introdurre non solo le regole, ma anche i giusti limiti. In questo modo, gli adolescenti riescono a comprendere anche il valore di se stessi, e metabolizzano che c’è un prima e un dopo, “un dare e un ricevere”. Insomma non esiste diritto senza compenso, senza dare il proprio contributo in cambio.

Introdurre la politica del dare e dell’avere, è altamente formativo, e deve iniziare fin dalla più tenera età. La formazione dei figli deve iniziare fin dai primi anni della scuola, perché man mano che essi crescono debbono farlo in presenza delle regole, altrimenti ogni giorno che passa diventa sempre più difficile introdurle. Far arrivare i figli all’adolescenza senza le giuste correzioni, li farà diventare “padroni” in famiglia, e il successivo intervento dei genitori diventerà un pericoloso braccio di ferro, duro ed estenuante, che vedrà soccombere i genitori prima permissivi, arrivando a quel ribaltamento dei ruoli in cui il figlio è diventato padrone, che detta legge e i genitori succubi della sua violenza. Ora a comandare è lui, e la comunicazione con i genitori diventa fatta solo di ordini: “mi devi dare”, “dammi”, “fammi”.

Come evitare, dunque, di arrivare al punto che i figli diventino padroni e manipolatori dei genitori, dopo aver ribaltato totalmente i ruoli? Pur essendo un compito difficile, alquanto arduo, i genitori non possono e non debbono mollare, seppure siano stati in passato colpevoli per ‘troppo amore’ nei loro confronti. Ecco quattro piccole regole, quattro consigli che, seppure sembri difficile portarli avanti, possono raddrizzare una situazione alquanto pericolosa.

La prima regola è quella  di non arrendersi, ovvero di “NON RINUNCIARE MAI AL DILOGO COSTRUTTIVO NEL CONFLITTO”. Se è pur vero che i genitori vorrebbero dei figli obbedienti, i contrasti generazionali sono sempre esistiti ed è importante dialogare e confrontarsi con loro; il dialogo permette di sviluppare negli adolescenti la capacità di regolare le emozioni e di capire il punto di vista degli altri. La seconda regola è quella del “NON GIUDICARLI SOLO DAI COMPORTAMENTI NEGATIVI”. È importante lodare sempre i comportamenti positivi manifestati, prestando attenzione, quindi, anche alle cose buone fatte e non solo alle azioni sbagliate messe in atto. Lodare e Rimproverare, questo il compito, sanzionando però i comportamenti e non la persona, evitando le umiliazioni.

Come terza regola “METTERE DEI PALETTI CHIARI E DEFINITI”. Stabilire, da parte dei genitori, delle regole e dei confini, deve essere fatto non con il sistema impositivo, ma spiegandone il senso e la motivazione; ciò consente agli adolescenti di capire che i genitori sono una vera guida che cerca di far percorrere loro la giusta strada per farli sentire al sicuro e crescere meglio. Quarta e ultima regola quella di “MANTENERSI SEMPRE COERENTI”. Evitare sempre di “cambiare idea”, ovvero quello di trasformare spesso in SI un NO, in quanto in questo modo va a perdersi la loro credibilità. È importante che Padre e Madre mantengano sempre la stessa linea educativa.

Cari amici, seppure essere dei buoni genitori oggi sia un compito estremamente difficile, nessuno può sottrarsi a questa grande responsabilità! I figli, anche se apparentemente desiderosi di ampia libertà, si aspettano dei genitori adulti e non dei semplici amici, capaci di sostenerli e di guidarli. Genitori che debbono essere amorevolmente protettivi e affettuosi, ma anche adulti capaci di trasmettere loro l'apprendimento ed il pieno rispetto delle regole; operazione da fare con ferma dolcezza, ovvero senza mettere in atto comportamenti asfissianti, ma dando loro sempre sostegno e fiducia. Compito estremamente difficile, ma ...È nostro preciso dovere preparare nel modo migliore le nuove generazioni!

A domani.

Mario

 

 

lunedì, maggio 13, 2024

L’ARCIVESCOVO EMERITO DI ORISTANO, MONS. IGNAZIO SANNA, HA PRESENTATO NELLA SUA “EX RESIDENZA EPISCOPALE”, IL SUO ULTIMO LIBRO DI TEOLOGIA.


Oristano maggio 2024

Cari amici,

Monsignor Ignazio Sanna, Arcivescovo emerito dell’Arcidiocesi di Oristano, sabato 11 maggio ha voluto presentare anche nella sue precedente residenza episcopale la sua ultima fatica letteraria, un corposo libro di Teologia dal titolo: “TESTIMONI D’ETERNO NEL TEMPO” -Le sfide attuali dell’antropologia cristiana”. La presentazione, organizzata nell’ex Chiesa di San Domenico, ha visto una numerosa partecipazione di pubblico, certamente derivata anche dal grande affetto che il popolo cristiano della Diocesi Arborense continua a manifestare a Mons. Sanna, suo amato Pastore (Arcivescovo Metropolita) dal 22 aprile 2006 al 4 maggio 2019.

Monsignor Sanna, teologo di vaglia (fu uno degli importanti collaboratori di Papa Benedetto XVI), di libri teologici ne ha scritto diversi altri, e in quest’ultimo, recentemente dato alle stampe per le Edizioni di San Paolo, analizza le sfide più urgenti e ineludibili che l’antropologia cristiana si trova ad affrontare: la pandemia, l’intelligenza artificiale, le neuroscienze, la crisi climatica, la strisciante indifferenza verso Dio nel mondo occidentale, la nuova questione di Dio sollevata da autori non credenti; quesiti importanti, in parte antichi, ma sempre attuali, relativi all’eterna lotta dell'uomo tra il bene e il male.

Nel convegno, organizzato al San Domenico dall’Azione Cattolica Diocesana in collaborazione con l’Associazione regionale, ha dialogato con l’Autore del libro il Delegato Regionale della Caritas Sardegna don Marco Statzu. Monsignor Sanna nel libro “Testimoni d’eterno nel tempo. Le sfide attuali dell’antropologia cristiana”, analizza e cerca di trovare le giuste risposte alla domanda di “futuro e di salvezza” che sale dalla società contemporanea, impegnata nella ricerca di esprimere nel modo migliore la testimonianza pubblica della fede nel Cristo risorto e nella vita eterna. Il risultato del lavoro svolto da Mons. Sanna è questo interessante studio di “antropologia teologica”, calato nel mondo di oggi e nei numerosi problemi che lo animano.

Quest’ultima opera del Teologo Mons. Sanna prosegue nel binario tracciato dai primi due volumi della serie: “L’antropologia cristiana tra modernità e postmodernità” (Queriniana, 2001) e “L’identità aperta: Il cristiano e la questione antropologica” (Queriniana, 2006). Il terzo libro, dunque, è un “completare e consolidare”, un impegnativo percorso di approfondimento e di riflessione sulle questioni fondamentali dell’essere umano, vissuto alla luce della fede cristiana nell’attuale 3° Millennio. In questi tempi difficili, questo terzo volume si propone di esplorare le sfide attuali che l’antropologia cristiana si trova ad affrontare in un mondo in continua trasformazione. Quella di Monsignor Sanna è un’analisi acuta e approfondita delle ansie e dei dubbi che il cristiano deve affrontare, e Lui, Teologo di grande competenza, cerca di guidare il lettore nel confronto con le questioni legate all’identità umana, alla dignità, alla libertà e alla ricerca nel cristiano sul “senso dell’esistenza”.

Don Marco Statzu, nel dialogo avviato con Mons. Sanna, ha evidenziato il difficile percorso fatto dal “Teologo-Sanna” nel libro,  ponendo all’autore ulteriori domande, a cui è stato risposto in modo esaustivo, ampliando i concetti presenti nel libro. Tanti i problemi spinosi che oggi travagliano il mondo: dalla crescente indifferenza verso la fede, manifestata nel mondo occidentale, alla nuova domanda su Dio posta da autori laici; il libro affronta anche la questione antica e sempre rilevante della presenza del "male" e quella sul significato del "dolore e della sofferenza", presente nell’esperienza umana del cristiano.

Una "presentazione-dibattito" vissuta con viva attenzione e interesse, quella di sabato 11 maggio al San Domenico, da parte del numeroso pubblico presente in sala; nel libro risultano ben evidenziate le difficoltà attuali dell’uomo: la ricerca di risposte ai tanti interrogativi che l'uomo di oggi si pone; quesiti ritenuti risolvibili attraverso il filtro interpretativo della ragione illuminata dalla fede. Solo così è possibile, per l'uomo, trovare la giusta chiave di lettura nel messaggio di salvezza offerto dalla testimonianza della fede nel Cristo risorto e nella prospettiva della vita eterna. Questo giusto approccio consente di plasmare un’antropologia teologica adatta al contesto contemporaneo, sensibile alle nuove tematiche che agitano la società di oggi.

Cari amici, questo libro è da leggere senza fretta, meditandolo pagina per pagina, riflettendo con calma sulla nostra difficile questione umana, in un secolo, quello attuale degli inizi del 3° millennio, ricco di interrogativi e contraddizioni, ma che non deve mai portarci fuori dal nostro impegno di veri cristiani: essere figli di quel grande Dio che ci ha creato e che ha mandato suo figlio Cristo sulla terra, per la nostra salvezza. Un mio particolare "Grazie" a Monsignor Sanna per la sua splendida amicizia, che mi onora oggi come ieri!

A domani.

Mario